L'Italia sospende le vendite di NFT legati al patrimonio culturale - Perché?
Le NFT hanno conquistato il mondo, ma ci sono stati problemi lungo il percorso. Clicca qui per scoprire perché l'Italia ha sospeso le vendite di NFT legate al patrimonio culturale.

Da quando sono nate e si sono dimostrate utili e interessanti le NFT, l'Italia è stata all'avanguardia nell'utilizzo e nell'integrazione di questo concetto nell'intrattenimento, nell'arte, nello sport e persino nell'istruzione.
Proprio l'anno scorso, la squadra di calcio AS Roma ha firmato una partnership NFT da 42 milioni di dollari, mentre un'università pugliese ha iniziato a educare e a promuovere la cultura e il patrimonio locale attraverso le aste NFT. È lecito affermare che, per l'Italia, l'ascesa delle NFT è stata altrettanto veloce, se non più veloce, del concetto stesso di criptovaluta.
Ma non è tutto rose e fiori. Infatti, a partire dal mese scorso, l'Italia ha iniziato a sospendere le vendite di NFT legati al patrimonio culturale adducendo come ragione il rischio di "contratti iniqui": il risultato diretto della mancanza di una regolamentazione governativa.
Ma perché sospendere le vendite di beni culturali nello specifico, e qual è esattamente il futuro del rapporto dell'Italia con i NFT? Per rispondere a questa domanda, è importante innanzitutto considerare il concetto di NFT e la sua crescita nel paese.
Criptovalute e NFT
Le criptovalute, come il Bitcoin, sono cresciute di popolarità a livello globale sin dalla loro nascita, oltre un decennio fa. Ad oggi, il prezzo del Bitcoin e Ethereum sono molto più alti di quanto molti si aspettassero quando le criptovalute sono state concepite, e il loro prezzo è destinato a crescere solo dopo la fine dell'attuale mercato ribassista. Insieme a questa ascesa alla ribalta della coscienza pubblica, anche il concetto di NFT è diventato un argomento rivoluzionario nel contesto del metaverso.
Acronimo di "non-fungible token", gli NFT vengono scambiati sulla blockchain nello stesso modo in cui vengono scambiate le altre criptovalute. L'unica differenza è che questo token è del tutto unico, mentre i normali ETH o BTC possono essere sostituiti con un token identico. Sia il venditore sia l'investitore decidono il suo valore, che di solito si presenta sotto forma di opere d'arte, come originali, giochi o opere legate al patrimonio, tutte digitalizzate. Una volta venduto, il proprietario del NFT diventa l'unica persona al mondo a possedere quel token specifico e unico, che può poi essere venduto a un nuovo prezzo a seconda della sua appetibilità.
Il rapporto dell'Italia con i NFT
L'Italia ne ha certamente approfittato. Per gli artisti e i creatori italiani emergenti, gli NFT hanno rappresentato una nuova ed entusiasmante possibilità di accrescere il proprio reddito e di guadagnare continuamente la quota delle vendite anche dopo aver venduto il token. Inoltre, ha fornito a diverse aziende italiane del settore della moda e dello sport, come Gucci e AS Roma, un modo per interagire con i fan e costruire la loro presenza digitale.
Ma sono sorti dei problemi. Sebbene le criptovalute e l'uso dei NFT non siano ancora regolamentati dal governo italiano, ci sono parti del sistema che non funzionano ancora del tutto. Ciò è particolarmente evidente nella nuova tendenza di musei e gallerie d'arte a vendere le proprie opere d'arte come NFT. Recentemente è stato rivelato che la vendita della versione digitale NFT del Tondo Doni di Michelangelo ha fruttato una somma di circa 240.000 dollari, ma la Galleria degli Uffizi, che l'ha venduta, ne ha ricavato solo un terzo.
Cosa ha fatto l'Italia per risolvere questo problema?
Secondo il direttore generale dei musei italiani, il governo ha chiesto ai musei e ai siti archeologici di non firmare più i contratti NFT fino a quando "non saranno emanate le direttive per le istituzioni". Questo per ridurre il rischio di "contratti iniqui", con una legislazione urgente per regolare il mercato e garantire che i musei siano ricompensati per le vendite dei loro beni.
Questo non significa che il governo italiano non sia d'accordo con la vendita di NFT legati al patrimonio culturale. Si tratta piuttosto di un tentativo di garantire che le sue prestigiose gallerie e i suoi musei, che già faticano ad aumentare l’affluenza, possano trarre vantaggio dal metaverso che inizia a imporsi nella cultura popolare.
Con il Web3 dietro l'angolo e le criptovalute che iniziano a digitalizzare le forme tradizionali di finanza, intrattenimento e opere d'arte, è più importante che mai che i siti e le organizzazioni tradizionali basati sul patrimonio culturale seguano la corrente e si adattino per sopravvivere. La sospensione di questi contratti dà all'Italia il tempo di trovare il modo di ricompensare i propri dipendenti, in modo da mantenere vivo il patrimonio e la storia del nostro Paese mentre il mondo si muove verso il Web3.
È improbabile che questo comporti svantaggi per i venditori o gli acquirenti di NFT in Italia, introdurrà piuttosto il canone dell'equità al momento della compravendita, il che è solo un aspetto positivo per il futuro.